La diffusione delle comunicazioni, soprattutto quelle massmediali, ci fa credere che il mondo si sia evoluto a tal punto da avere azzerato le periferie. Si assiste invece ad un fenomeno inverso: nuove periferie, diverse, si creano e danno luogo a fenomeni di emarginazione e non sono più periferie urbane ma ‘periferie dell’anima’.
I quartieri centrali delle grandi città sono spesso luoghi di non integrazione e di disintegrazione culturale, e allora tornano alla mente i vaticini di Pasolini su una situazione che lui aveva previsto e gli altri…. no.
La nefasta influenza della televisione, di una falsa cultura dell’ apparire, di una massificazione del sentire comune verso ideali falsi e costruiti ad arte per gretti scopi economici, ci hanno portato a dimenticare il senso ed il significato vero della parola ‘Cultura’.
La necessità è quindi quella di una cultura diffusa, che contribuisca alla valorizzazione dell’individuo come protagonista della sua esistenza e non come fruitore passivo. Un percorso che porti alla conoscenza, all’aggregazione, alla solidarietà, all’accoglienza delle diversità viste e vissute come arricchimento e crescita personale e sociale. Un iter che abbia come traguardo finale la capacità di pensiero e di critica.
Perché cultura significa educazione, formazione, scuola, crescita dell’individuo, etica, morale, rispetto di sé e dell’altro, dialogo, partecipazione: è lo studio e l’accettazione dell’essere umano in quanto essere pensante abolendo le barriere della discriminazione.
La diffusione della cultura è da sempre appannaggio esclusivo di operatori culturali e di singoli individui che con la fatica di tutti i giorni, tra mille difficoltà e spesso nessuna solidarietà hanno contribuito, attraverso i centri di aggregazione, i centri culturali, i piccoli teatri, a togliere dal silenzio i più deboli, i giovani, gli anziani, i diversi.
Ed è per questo che occorre un segnale forte che venga dal basso degli operatori culturali e di tutte quelle persone che credono e sperano nella cultura.
I quartieri centrali delle grandi città sono spesso luoghi di non integrazione e di disintegrazione culturale, e allora tornano alla mente i vaticini di Pasolini su una situazione che lui aveva previsto e gli altri…. no.
La nefasta influenza della televisione, di una falsa cultura dell’ apparire, di una massificazione del sentire comune verso ideali falsi e costruiti ad arte per gretti scopi economici, ci hanno portato a dimenticare il senso ed il significato vero della parola ‘Cultura’.
La necessità è quindi quella di una cultura diffusa, che contribuisca alla valorizzazione dell’individuo come protagonista della sua esistenza e non come fruitore passivo. Un percorso che porti alla conoscenza, all’aggregazione, alla solidarietà, all’accoglienza delle diversità viste e vissute come arricchimento e crescita personale e sociale. Un iter che abbia come traguardo finale la capacità di pensiero e di critica.
Perché cultura significa educazione, formazione, scuola, crescita dell’individuo, etica, morale, rispetto di sé e dell’altro, dialogo, partecipazione: è lo studio e l’accettazione dell’essere umano in quanto essere pensante abolendo le barriere della discriminazione.
La diffusione della cultura è da sempre appannaggio esclusivo di operatori culturali e di singoli individui che con la fatica di tutti i giorni, tra mille difficoltà e spesso nessuna solidarietà hanno contribuito, attraverso i centri di aggregazione, i centri culturali, i piccoli teatri, a togliere dal silenzio i più deboli, i giovani, gli anziani, i diversi.
Ed è per questo che occorre un segnale forte che venga dal basso degli operatori culturali e di tutte quelle persone che credono e sperano nella cultura.
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